Ecco una selezione delle opere più rappresentative del percorso artistico di Luigi Minguzzi, raccontato con le parole del suo mentore.(1)
“A livello di immagine, di fenomeno appartenente all'ottica, ci appare, così, logico e non pretestuoso, identificare nelle opere di Luigi Minguzzi del periodo 1964-1974 alcuni moduli ricorrenti, le cui manifestazioni più imponenti e paradigmatiche sono:
l'acqua e l'aria, il cielo e il mare e il loro moto peculiare.
L'onda quasi risultato della nostra interazione con gli elementi.
E, ancora, analizzando secondo la chiave interpretativa proposta, elementi-sensazione immediatamente legati ai primi: il rarefatto, il denso (resi in colore e spessore), l'assenza di gravità (resa con il disporre su piani ascendenti e obliqui elementi pesanti, per una sensazione vagamente allucinata di “suspense” e la sua presenza a volte esasperata dal senso di caduta incontrollabile, comunicato attraverso l'irregolarità di una scia discendente “strappata” in un regime vorticoso); la pressione (linee che si accostano progressivamente); e ancora la riflessione e la rifrazione della luce (a volte realizzate nel presente mediante veri attuatori fisici, come i prismi in perspex che “prendono vita” quando sono colpiti dalla luce; a volte riprodotte con la disposizione dei colori dello spettro del visibile in armoniosa successione).
I primi lavori (1964-1966) hanno il sapore di un “reportage” naturalistico e sono essenzialmente riferiti al mare, ancora privi di un ampio respiro, essi rendono la sensazione di un sottile gusto della precisione e dell'accuratezza descrittiva nei piccoli particolari.
E' già presente in questi compìti lavori un oggetto che accompagnerà per molto tempo la sua produzione: un piccolo parallelepipedo di mosaico, o una piccola pietra, che serve a rappresentare l'autore, e, più precisamente, il suo corpo nel contesto formale dell'immagine, la sua intellettualità nel contesto sostanziale del lavoro.
E' codesto sasso, il nuotatore subacqueo che determina l'onda policroma di pressione, è anche l'uomo volante, tutt'uno con la macchina volante, che lascia nel cielo una scia di vapore e di fumo (e il vento già la sta deformando e sciogliendo, mentre era così solida e pulita).
Ora anche l'uomo, lo spirito dell'uomo, si lancia verso la linea di separazione dei mondi, deciso ad entrare nell'essere immateriale, per ottenere, attraverso una lucida ricerca gnoseologica, una soluzione dell'eterno problema dell'esistenza. Si conosce tutto o quasi del mondo dal quale l'uomo va partendo: e i particolari abbondano. Del mondo verso il quale egli va andando non si sa nulla: è separato nettamente da questo, ma è accessibile e deve costituire una meta.
Nella primissima produzione la scia dell'uomo (ciò che egli lascia dietro di sé nel suo vivere e ricercare) è poco: una scia che, come si è detto, il vento non tarda a disperdere.
Nei lavori successivi tale traccia germoglia e fiorisce; ancora oltre pare esplodere in una ricchezza incontenibile di colori e di significati.
Mi sembra che ciò corrisponda ad una presa di coscienza di due ordini: un maggior senso di inserimento nel mondo dell'uomo (cui corrisponde il sorgere della speranza di comunicazione: la scia non va dispersa) ed una sensibilità che va spostandosi sull'uomo e che viene via via scoprendo come, nella meravigliosa natura, meraviglioso sia l'uomo, e ben degno oggetto del suo pensiero sia il suo stesso pensiero.
Con il 1970-71 l'autore chiude la sua ricerca esistenziale.
E' convinto di aver inteso che “l'uomo può andare dove vuole”.
Più che una conquista di tipo gnoseologico si tratta forse della conclusione di una urgenza di ricerca, della scomparsa di una necessità, non dovuta alla soddisfazione della necessità stessa, ma ad uno spostamento dell'obiettivo: a tale punto inizia il periodo 1971-74.
Di quando introduce elementi tecnici addirittura fantasmagorici per rendere, in esplosioni di bolle, la proliferazione delle molte personalità che convivono in un uomo fatto; di quando ironizza sulla verità, mostrandoci superfici ruvide ed invitandoci a toccarle, per offrire invece alle nostre dita la levigatissima seta di una superficie trasparente che, invisibile, ce ne separa; di quando ci richiama ad una allegra solennità costruendo un sole che è insieme l'obiettivo dell'uomo e l'uomo stesso, in tutto ciò insinuandoci il sospetto che i rapporti geometrici siano calcolati da un “computer” per l'estrema sensazione di nitidezza che se ne trae, e per la ricercatezza evidentissima di certe dimensioni.”(1)
E ora esaminiamo il percorso, dal 1975 ad oggi, con le parole dello stesso Minguzzi.
Le tecnologie informatiche a basso costo, dotate di enorme capacità di calcolo, la disponibilità di software sofisticati per la manipolazione digitale, hanno spalancato la porta di accesso a nuove espressioni artistiche impensabili solo pochi anni fa.
Questi nuovi strumenti di ricerca e lavoro consentono di reinterpretare soggetti già rappresentati con “modalità tradizionali”, valorizzandoli con risultati precedentemente inimmaginabili e tecnicamente non realizzabili.
L'effetto di movimento di una classica rappresentazione bidimensionale di un quadro “optical”viene introdotto nello spazio tridimensionale e manipolato per ottenere la visualizzazione degli infiniti aspetti virtuali, altrimenti invisibili. A loro volta queste nuove rappresentazioni vengono manipolate per ottenere immagini pregnanti di sensazioni “liquide” e atmosfere surreali ed eventualmente contaminate con immagini fotografiche, in una perfetta fusione di “fantasia e realtà”. O, ancora, si associano con l'arte del mosaico inserendo le tessere nel quadro già realizzato.
Un'arte globale, multidisciplinare che, avvalendosi di una molteplicità di strumenti e tecniche, potenzia la creatività e rende concreto, tangibile, quanto scritto da Max Bill : “Il pensiero astratto, invisibile, diventa concreto, chiaro e infine percettibile anche con le sensazioni. Spazi sconosciuti, assiomi quasi inimmaginabili diventano realtà: si concepiscono spazi che erano precedentemente inimmaginabili, e questa nuova sensibilità espande la nostra capacità di percepire spazi aggiuntivi che sono forse tutt'ora sconosciuti”. (2)
Ogni cosa è dinamica e rappresentabile in infinite diverse realtà. Nel mondo fisico non esiste infatti una verità assoluta. Nulla è limitato alle sole dimensioni che la nostra mente può percepire.
(1) Leonello Brizio 1975.
(2) Max Bill “Mathematical thought in present-day art” 1949